La chiesa dei Santi Sebastiano e Rocco e l’adiacente palazzo, che divenne il Convento dei Carmelitani, rientrarono nel vasto programma di sistemazione dell’abitato da parte del Cardinale Mario Theodoli, avvenuta tra il 1640 ed il 1660 circa. Sistemata la chiesa, forse nata su un tempietto rurale, e costruito il Convento sulla parte orientale del Borgo, nel 1679 vennero chiamati da Carlo Theodoli i Padri Carmelitani di Roma Montesanto ai quali fu affidata la cura delle anime di San Vito.
Entrambi divennero proprietà comunale nel 1872: mentre la chiesa venne affidata alle suore del Preziosissimo Sangue, il Convento iniziò fin da allora ad essere utilizzato come Residenza Municipale.
L’opportunità del restauro che dal 1999 al 2003 ha interessato la chiesa ha consentito di raccogliere un ampio materiale iconografico e storiografico che rappresenta le fondamenta del pregevole volume curato dall’architetto Donatella Fiorani, La chiesa dei SS. Sebastiano e Rocco in San Vito Romano. Storia e restauro, edito da Gangemi nel 2003.
La chiesa pare sorga su una cappella rurale preesistente all’apertura del borgo nel 1649.
La sua storia non può prescindere da alcuni elementi essenziali: la famiglia Theodoli, la presenza dei Padri Carmelitani a San Vito e la costruzione del Convento nel quale questi vennero chiamati. Elementi che insieme all’apertura del borgo seicentesco rappresentano un unicum strutturale di straordinaria valenza urbanistica e territoriale. Il Cardinale Mario Theodoli nella prima metà del Seicento volle ampliare l’abitato lungo l’asse rettilineo che da lui prese il nome e che costituisce il corso principale entro il quale si snoda la vita cittadina. Suddivisa in tre spazi, quasi al centro del Borgo, la chiesa è ricca di elementi decorativi riconducibili all’arte barocca.
Mentre San Rocco è celebrato e ricordato nel giorno della sua morte, il 16 agosto, San Sebastiano è poco conosciuto: come San Vito morì durante le atroci persecuzioni dell’Imperatore romano Diocleziano. Nato a Milano intorno al 256, fu fedele militare dell’Imperatore che quando scoprì la sua fede cristiana si sentì tradito e lo condannò a morte. Legato ad un palo in un sito del colle Palatino, il giovane venne denudato e trafitto da così tante frecce in ogni parte del corpo da sembrare un istrice. I soldati, al vederlo morente e perforato dai dardi, lo credettero morto e lo abbandonarono sul luogo affinché le sue carni cibassero le bestie selvatiche. Santa Irene che andò a recuperarne il corpo per dargli sepoltura, si accorse che il soldato era ancora vivo, per cui lo trasportò nella sua dimora sul Palatino e prese a curarlo dalle molte ferite con pia dedizione. Sebastiano, prodigiosamente sanato, decise di continuare a proclamare la sua fede al cospetto dell’Imperatore che tuttavia diede freddamente ordine di flagellarlo fino alla morte. Castigo che fu eseguito nel 304 nell’ippodromo del Palatino. Il corpo venne gettato nella Cloaca Maxima e, recuperato da mani pietose, sepolto nelle catacombe dette appunto di San Sebastiano.
Il medaglione centrale del soffitto del vestibolo ottagonale è dedicato a San Sebastiano raffigurato nel momento della gloria e tutti intorno, ad otto santi Carmelitani è dedicato ognuno dello spicchio del controsoffitto. Al di sopra dell’altare maggiore, che il restauro ha ripristinato tra il primo ed il secondo spazio, l’immagine dell’Eterno Padre, inquadrata in un tondo, s’impone sulla platea dei fedeli: incoronato da due putti, sovrasta le due Virtù. Ai lati dell’altare emergono invece gli elementi araldici che denotano l’antica proprietà Theodoli e la presenza dei Carmelitani: su entrambi i lati lo stemma dei Carmelitani è sul parapetto, e appena al di sotto un putto sorregge il blasone coronato Theodoli-Sacchetti. Tuttavia mentre il pulpito di destra è fiancheggiato dalle statue del Profeta Elia e di San Sebastiano, in quello di sinistra si ritrovano San Rocco ed il Profeta Eliseo.
Le tele laterali invece rappresentano a destra la Visione di San Giuseppe mentre a sinistra la Morte di San Sebastiano. Sul fondo del secondo spazio, nella cunetta a parete, si trova la Madonna del Carmine o del Carmelo, a cui si fa risalire la fondazione dei Carmelitani, per opera del Profeta Elia che fu assunto in Cielo su un carro di fuoco sopra il Monte Carmelo, appunto, dove Egli vide una nuvola portare acqua dopo un lungo periodo di siccità. Nella provvidenziale nuvola venne riconosciuta la Madonna del Carmelo e nel profeta Elia il fondatore dell’ordine.
Significativa è la distribuzione del pane, simbolo dell’Eucarestia, che avviene il 16 agosto, in memoria di San Rocco, nato in Francia nel 1295 e morto il 16 agosto 1327. Questo recatosi a Piacenza per soccorrere gli ammalati di peste, contrasse il morbo e rifugiatosi in un antro al di fuori della città ebbe ogni giorno un tozzo di pane dal suo cane: entrambi i simboli ricorrono nell’iconografia del Santo e nell’iscrizione a principio del Borgo si legge il riferimento al Divino dissipatore della peste, ragion per cui è probabile che lo sviluppo del primo asse viario e del centro urbano voluto dai Theodoli fosse anche per creare nuovi spazi dopo un’avvenuta pestilenza nel 1630.
testi a cura di Irene Quaresima, storica del territorio