La breve strada di campagna che conduceva al Santuario della Madonnina era anticamente nota come Strada di Campigliano, probabilmente dal nome del colle con il ripiano intorno, sul quale nel 1500 circa, la Vergine apparse ad un giovane pastore sordomuto. Campigliano divenne col tempo Compigliano.
Poiché nel vederla tra i rami di un ciliegio il fanciullo riebbe la parola e l’udito, la Vergine iniziò ad essere venerata sul luogo del miracolo, dove venne costruita un’Edicola ampliata nel tempo. Nella facciata, più volte soggetta ad interventi di restauro, coerenti con l’ampliamento dell’edificio, è visibile in alto, nella parte centrale, il monogramma mariano, nel cartiglio l’iscrizione dell’ultimo intervento di restauro che ci è documentato e che è quello del 1925.
La tela sull’altare maggiore che raffigura la Madonna col Bambino in braccio venne realizzata su una tavola dello stesso ciliegio sul quale avvenne l’apparizione. L’effigie, di difficile datazione, fu restaurata dal Prof. Aronne Del Vecchio (1910-1998) nel 1948, anno in cui la Vergine Santissima di Compigliano venne incoronata. Sotto il Pontificato di Papa Pio XII, il 23 maggio 1948 ne venne infatti formalmente riconosciuta la consacrazione ed il 22 agosto, giorno in cui la Chiesa Universale celebra la B.V. Maria Regina, avvenne la tanto attesa incoronazione. Fino ad allora, infatti, la Madonna di Compigliano veniva festeggiata l’8 settembre, nel giorno della natività della Vergine. Tuttavia poiché in quell’anno venne ritrovata l’effigie della Madonna durante le pulizie della chiesa per il mese mariano, si decise di celebrare l’evento e di richiedere l’ufficialità della festa. La corona in oro venne realizzata grazie al contributo dei sanvitesi, che non diedero solo soldi, ma anche oro vecchio. La preghiera, invece, venne scritta dai Padri Trinitari. Il pranzo per la giornata di festa venne offerto da Leone Rocca e sua moglie Elisa Cinti, che tanto si adoperarono per l’abbellimento della chiesa.
Il Santuario ˗ così chiamato solo dopo l’incoronazione del 1948 ˗ venne costruito alla fine del Sedicesimo secolo per volere dei cittadini e fino al 1890 fu considerato come chiesa rurale accessibile solo da una stradina di campagna, quasi priva di abitato intorno.
Inizialmente realizzato su un unico blocco architettonico e su un’unica navata, il Santuario fu ampliato e rifinito tra la fine del Settecento e la metà del Novecento.
La sagrestia venne realizzata nel 1790, per volere della famiglia Sallusti, mentre le navate laterali sono del 1890, la cantoria sulla controfacciata risale, invece, al 1918. L’organo, infatti, venne donato da Paolo Quaresima, per onorare la memoria del figlio Nicola, sottotenente di Fanteria, caduto durante la prima guerra mondiale per la liberazione di Gorizia, come ne ricorda una lapide. L’Antonelli, già attivo in San Vito Romano nella Chiesa di San Biagio tra gli anni venti e gli anni quaranta, decorò il soffitto della navata centrale, liscia a tutto sesto, con scene di vita della Vergine. Nei pressi dell’altare, nei pennacchi della cupoletta del presbiterio, si riconoscono inoltre i simboli dei quattro Evangelisti.
Ai lati del presbiterio, frontali, è posta da un lato l’ immagine di Sant’Anna insieme alla Vergine fanciulla e dall’altro di San Gioacchino, mentre nei sottarchi sono raffigurati San Francesco d’Assisi e Santa Francesca Romana.
In ognuna delle due navate laterali ci sono 4 altari: a destra il primo è dedicato a Sant’Antonio di Padova, il secondo a San Giuseppe, il terzo alla Deposizione dalla Croce e l’ultimo a San Luigi Gonzaga. Nella navata sinistra, invece, gli altari sono dedicati a Santa Lucia, a San Carlo Borromeo, al Sacro Cuore di Gesù e a Santa Teresina, mentre l’ultimo alla Santissima Trinità. San Carlo Borromeo venne realizzato probabilmente da Giuseppina Testa intorno al 1892, come dalla firma apposta sulla base dell’inginocchiatoio, mentre la Santissima Trinità è attribuibile ad Enrico Cinti.
I dipinti alla fine delle navate laterali e a ridosso dell’organo – quest’ultimo è rivolto verso l’interno della chiesa – rappresentano per immagini la storia della fede sanvitese. A sinistra, sul fondo della navata, è posta, infatti, l’immagine dell’apparizione della Vergine al fanciullo sordomuto, mentre a destra e sulla cantoria la processione e l’incoronazione del 22 agosto del 1948, realizzate dallo stesso Del Vecchio.
Diversi i miracoli della Madonnina di Compigliano, a lei si attribuisce la guarigione dei sanvitesi dalla peste e dal colera nella seconda metà del XIX secolo, avvenuta durate la processione.
Il 22 agosto 2008, con una solenne celebrazione presieduta da S.E. Domenico Sigalini, Vescovo della Diocesi di Palestrina e da Mons. Francisco Hernandez, Parroco di San Vito Romano si è ricordato il cinquantesimo dell’Incoronazione.
Preghiera scritta dai Padri Trinitari per l’incoronazione del 1948:
Dolce e potente Madonnina di Compigliano,
che su questo colle ponesti il tuo trono d’amore e di protezione
verso la nostra Città; adempi ora e sempre il prezioso compito
di custodirla e di difenderla da ogni assalto nemico, visibile e invisibile.
O mistico campo dell’Eterno Amore, o mare immenso di Santità.
Tu che ripiena di Dio, nella tua Maternità universale sei la pietosa Avvocata dei peccatori,
purificaci il cuore, ammantaci di candore, uniscici a Dio.
Fa che risplenda in noi la tua umiltà;
che il nostro cuore si dilati nella fiducia che avesti tu;
che la nostra mente si elevi con te nella preghiera e che perennemente vivendo qui
in terra del tuo Gesù, ci sia dato di cantare insieme a Te presso il Trono di Dio Uno e Trino
in Cantico dei giusti per tutta l’eternità. Amen.
Testi a cura di Irene Quaresima, storica del territorio